La Storia
La leggendaria vita di Ferruccio Lamborghini raccontata attraverso aneddoti personali tramandati dalla famiglia o narrati negli scritti dell’epoca.
Le Origini | 1916 – 1938
Ferruccio Lamborghini nasce a Renazzo, in provincia di Ferrara, il 28 aprile 1916. Primo di cinque fratelli, cresce nel podere di famiglia dove il padre cerca di trasmettergli il legame con il lavoro nei campi e con la cultura agraria e contadina dell’epoca.
Ma Ferruccio è animato da tutt’altra passione, quella per i motori e per le macchine.
Terminata la scuola elementare, frequenta l’Istituto di formazione professionale ‘Fratelli Taddia’, da sempre fucina di imprenditori centesi; ottenuta la licenza e contro il parere del padre – che voleva gli subentrasse nella conduzione del podere – decide di andare a lavorare come apprendista da un fabbro della zona, dove impara i segreti della lavorazione del ferro e della saldatura.
Con la determinazione e la tenacia che lo contraddistinguono fin da giovanissimo, riesce a farsi assumere a Bologna dal Cavalier Righi, titolare dell’Officina più importante della città che in quel momento ha in appalto la revisione dei mezzi dell’Esercito: questo periodo, seppur breve, rimarrà fondamentale per l’esperienza e la competenza di Ferruccio.
Conclusa l’avventura bolognese, a 18 anni apre una bottega a Renazzo insieme all’amico di sempre – Marino Filippini – che aveva già condiviso con lui l’esperienza dal Cavalier Righi e che molti anni dopo diventerà dipendente delle fabbriche di Ferruccio. Sempre animato dalla passione e dall’audacia, quando può Ferruccio acquista automobili e motociclette usate che rimette a nuovo e con le quali lo si vede sfrecciare per le strade sterrate di campagna: sono anni spensierati e intensi, che lasciano un segno indelebile nell’indole e nella personalità di Ferruccio.
La spensieratezza dell’età giovanile viene, però, presto interrotta dallo scoppio della guerra.
Ferruccio viene mandato a Rodi, nell’Egeo, ed è assegnato al 50° Autoreparto Misto di Manovra (l’Autocentro), che si occupa della manutenzione e della riparazione di tutti gli automezzi militari presenti sull’isola.
Il caporale autiere Ferruccio Lamborghini capisce che si tratta di una grande occasione per lui: lavorare con gli strumenti più moderni e sofisticati dell’industria meccanica italiana e straniera.
Presto Ferruccio viene nominato capo del Reparto Officina, ma è soprattutto grazie al suo straordinario intuito che diviene in breve uno dei personaggi più popolari del campo.
L’audacia e la bravura di Ferruccio nel campo dei motori lo portano a guadagnarsi la totale fiducia del Comandante del campo, che gli affida anche la sua automobile personale per una riparazione ai freni. La vita sull’isola prosegue scandita dalle tragedie della guerra fino all’8 settembre 1943, quando tutto il personale dell’Autocentro si dà alla fuga via dalla città.
Ferruccio, non riuscendo a stare a lungo lontano dai motori, rientra a Rodi in abiti borghesi e per un po’ si dà ai mestieri più disparati, per poter sopravvivere, finché non decide di aprire una piccola officina, con il permesso dei tedeschi stessi che preferiscono sfruttare la sua abilità di meccanico piuttosto che imprigionarlo.
Nel 1946, un anno dopo la fine della guerra, è libero di tornare in Italia. E lo fa insieme a Clelia, un’italiana originaria di Ferrara che ha conosciuto sull’isola e di cui è follemente innamorato. In quel momento, Ferruccio ha le idee molto chiare sul suo futuro: vuole sposarsi e sfruttare le opportunità incredibili che stanno nascendo nel suo Paese, appena uscito dalla guerra, e in cui si respira un’aria nuova: di libertà e intraprendenza.
Al rientro in Italia, Ferruccio trova una situazione molto particolare: il Centese, per la sua posizione periferica rispetto alle grandi vie di comunicazione, è uscito dal conflitto in condizione privilegiata rispetto ad altre aree, ma l’agricoltura, per secoli la maggiore fonte di reddito della zona, è caduta in una crisi da cui stenta a risollevarsi. In questo contesto, su cui si innestano l’euforia per la libertà appena ritrovata, le agevolazioni delle Amministrazioni Pubbliche per favorire l’occupazione e lo spirito di riscatto che contraddistingue l’Italia del dopoguerra, Ferruccio decide di mettere alla prova le proprie conoscenze tecniche e meccaniche (in alcuni casi avveniristiche, come il motore Diesel): intuisce che c’è mercato per la meccanizzazione dell’agricoltura su larga scala.
All’epoca il mercato è dominato dalla FIAT, dai Landini e dalla Motomeccanica e dai suoi trattori con motore a scoppio, che però per diversi motivi sono tecnologicamente molto migliorabili e dunque c’è spazio per fare di meglio.
Alla fine del 1947, quindi, Ferruccio Lamborghini decide di produrre un trattore economico e potente, destinato ai contadini ‘della Bassa’ e ai loro piccoli poderi. Compra materiale bellico, fa migliorie al motore e al sistema di alimentazione, produce internamente un telaio molto semplice: così nasce il Carioca, che viene presentato al pubblico il 3 febbraio 1948 in occasione di San Biagio, patrono del paese.
La risposta degli agricoltori è subito buona, Ferruccio riceve diversi ordini e di conseguenza decide di ampliare la produzione.
Ricevuto un prestito dalla Banca di Cento grazie anche all’intercessione del padre, acquista mille motori Morris 6 cilindri 3.500cc a benzina, assume altre operai e dà inizio alla produzione della trattrice L33, evoluzione del Carioca. Nel 1950 è già arrivato a produrre 200 pezzi l’anno, la sua azienda dà lavoro a una trentina di operai e l’amministrazione è seguita con attenzione e oculatezza da Annita, che Ferruccio ha sposato pochi mesi prima.
Nel 1951 si presenta la necessità di trasferirsi in un edificio più grande: Ferruccio acquista un terreno di diecimila metri quadrati nell’aria dell’ex ippodromo e lì mette in piedi il primo stabilimento di produzione vero e proprio: nasce la Trattori Lamborghini.
All’inizio degli anni Cinquanta avviene, quindi, il passaggio da artigiano a industriale. I dipendenti della Lamborghini trattori aumentano proporzionalmente alla produzione, il nome di Ferruccio diventa famoso nel mondo, il clima in fabbrica rimane comunque disteso e allegro.
È in questo periodo che nasce anche la rete commerciale: inizialmente è Ferruccio a procurarsi i maggiori clienti ed è sempre lui che cura le relazioni con i rappresentanti nelle principali fiere a cui partecipano.
L’unità produttiva necessita di spazi sempre maggiori, lo stabilimento cresce senza soluzione di continuità: sono gli anni che preannunciano il boom economico e Ferruccio, ancora una volta, ha dimostrato l’abilità di cogliere le opportunità che gli si presentano e di capire ciò che vuole il mercato un minuto prima della concorrenza. A conferma di ciò, è da alcuni anni che si è lanciato nella produzione di trattori con motore diesel e ottiene dalla MWM la possibilità di produrlo in Italia in cambio di una royalty.
Ancora una volta, l’intuizione si dimostra giusta poiché nel 1952 il governo italiano stanzia dei fondi per la concessione di prestiti agli agricoltori, purché vengano utilizzati per acquistare macchine agricole nazionali: questa legge, insieme alla grande abilità di Ferruccio nel procacciarsi affari, danno uno straordinario impulso alla produzione.
Vengono progettati nuovi prodotti, si continua a investire in innovazione tanto che all’inizio degli anni Sessanta la Lamborghini Trattori ha quasi 400 dipendenti e produce 25/30 unità al giorno.
Gli anni Sessanta confermano la Trattori Lamborghini come azienda leader del settore: i modelli proposti hanno un grande successo, il nome di Ferruccio è conosciuto in tutto il mondo ed ottiene importanti riconoscimenti personali.
Durante un viaggio negli USA nel 1959, Lamborghini visita alcune fabbriche che producono bruciatori e immediatamente pensa all’Italia, che sta vivendo il suo boom economico e dove la casa, con i suoi comfort, sta assumendo un ruolo centrale. Intuisce che i bruciatori sono l’oggetto del futuro, destinati a soppiantare le caldaie a carbone per il riscaldamento. Facendo un po’ di conti capisce che può sfidare la concorrenza e decide di lanciarsi in questa nuova avventura.
Assume i tecnici migliori e nel giro di un anno viene costituita a Pieve di Cento la Lamborghini Bruciatori Condizionatori.
Ma le sfide non sono finite, anzi. Questi anni di grande fermento e trasformazione permettono a Ferruccio di dare forma alla sua antica passione per le macchine: alla fine del 1962 convoca i collaboratori e annuncia l’intenzione di iniziare a costruire automobili.
Come responsabile del progetto granturismo assume l’ing. Gian Paolo Dallara, giovane dotato di un’eccellente preparazione tecnica con cui si instaura una profonda sintonia professionale e personale; la progettazione del motore viene invece affidata a Giotto Bizzarrini, che ha lavorato per quattro anni alla Ferrari, occupandosi tra l’altro dello sviluppo della 250GT 2+2 e della GTO.
Anche in questo caso Ferruccio ha molto chiaro ciò che vuole: motore 12 cilindri a V, quattro alberi a camme in testa, due valvole per cilindro, sei carburatori e lubrificazione a carter secco. Come già fatto per altri prodotti, prende dalle aziende concorrenti i tecnici migliori e da lì parte per realizzare un’auto che sotto molti aspetti rappresenta il sogno di tanti appassionati.
L’intenzione di Ferruccio è presentare la nuova automobile al Salone dell’Auto di Torino nel 1963; acquista un terreno a Sant’Agata bolognese e i tecnici lavorano in un fabbricato lì accanto. Nel frattempo, si costruiscono gli stabilimenti dell’azienda che diverrà poi la Lamborghini Auto. Come simbolo della nuova casa sceglie il Toro: combattivo, caparbio, mai arrendevole, come il suo segno zodiacale.
Lo stabilimento viene inaugurato nell’autunno del 1963 contestualmente al telaio-motore della 350 Gtv, in un clima di generale scetticismo di cui però Ferruccio non si cura.
L’auto viene presentata prima a Torino e poi a Ginevra, dopodiché comincia la produzione in serie della vettura all’interno di uno stabilimento di undici mila metri quadrati, con due catene di montaggio (una per i motori e l’altra per l’assemblaggio) e macchine modernissime.
Ancora una volta Ferruccio riuscì nell’impresa: la Lamborghini Auto si trasformò in breve tempo in una delle prime industrie italiane produttrici di granturismo.
Il suo prodotto è eccellente, la qualità delle auto viene riconosciuta in modo unanime, ma gli apprezzamenti della stampa e dell’opinione pubblica si estendono anche al ‘personaggio’ Ferruccio: semplice, carismatico, affascinante e competente instaura un rapporto molto particolare coi giornalisti e coi ‘colleghi’ del mondo dell’automobile.
Nel 1966 al Salone dell’Auto di Ginevra, Lamborghini presenta una macchina destinata a entrare nella storia: la P400 Miura. Una granturismo veloce, grintosa, estremamente innovativa e dallo stile unico e inconfondibile. La Miura ottenne un successo che andò oltre qualsiasi previsione: le ordinazioni arrivavano a decine, le star del cinema e della musica facevano a gara per acquistarla, in tutto il mondo quel nome diventa sinonimo di classe ed eleganza. La Miura è considerata a tal punto un’opera d’arte che viene esposta al MOMA fin dal 1968.
Alla fine degli anni Sessanta, la Lamborghini Trattori viene, per la prima volta, colpita da una crisi gravissima, che coinvolge molti settori dell’economia italiana.
Negli anni precedenti, è stata avviata una radicale trasformazione del prodotto, che impegna molto l’azienda da un punto di vista sia finanziario che progettuale: i dipendenti raddoppiano e viene accettato un ordine cospicuo da parte del Governo Boliviano. La situazione politica nel Paese sudamericano, però, cambia in seguito a un colpo di Stato e viene annullata la commessa: nel 1970 ci sono 5.000 trattori pronti e fermi nel piazzale di fronte alla fabbrica.
L’azienda diventa fortemente sindacalizzata, ci sono degli scioperi: è finita l’epoca ‘in cui si vuole bene al padrone’ e Ferruccio appare disorientato da questo nuovo modo di vivere il lavoro in fabbrica.
Nella primavera del 1971 la situazione sembra risolversi, ma il prezzo è alto: esclusivamente gli stabili vengono ceduti alla FIAT e Ferruccio dà la possibilità ai suoi dipendenti di andare in FIAT o seguirlo nella nuova azienda di Pieve (per rendere disponibile l’area alla ‘Trattori’, nel 1970 la Bruciatori viene trasferita a Dosso, dove viene costruito un moderno impianto studiato per ospitare l’accresciuta produzione di condizionatori, caldaie e bruciatori: la Lamborghini Calor). Con la ritrovata liquidità, lo sgravio degli alti costi di gestione della Trattori di Cento e alcuni fedelissimi che lo accompagnano nella nuova avventura, Ferruccio sembra rinascere.
Ma rimane segnato dagli anni della crisi e nel 1973 Ferruccio decide di cedere la Trattori alla Same, cui ha affidato la gestione un anno prima: lascia un’azienda sana, moderna e con una manodopera altamente specializzata.
L’anno prima, nel 1972, prende un’altra decisione drastica: cedere il 51% del pacchetto azionario della Lamborghini Auto. Dopo anni eccezionali per l’azienda, con la produzione nel 1971 della Countach (che fa rivivere i fasti della Miura), Lamborghini si rende conto che la situazione è irrimediabilmente mutata: ci sono i primi sentori della crisi petrolifera e dell’austerity, la tensione sociale lascia strascichi profondi e Ferruccio non si sente più in sintonia con il mondo industriale che lo circonda.
Dopo la decisione di separarsi dalle sue aziende, Ferruccio inizia a cercare uno spazio ideale, lontano dai tumulti del mondo industriale, per riscoprire quel legame con la terra che non lo ha mai abbandonato: acquista una tenuta agricola sul Lago Trasimeno (La Fiorita) e vi si trasferisce nel 1974.
Si dedica alla tenuta e la trasforma in una delle aziende agricole più moderne d’Europa: spiana il terreno, pianta alcune delle migliori qualità di vite, chiama a lavorare con sé uno dei più esperti enologi italiani, costruisce una cantina assolutamente innovativa per l’epoca.
Inizialmente Ferruccio si trasferisce alla Fiorita per rilassarsi e andare a caccia, ma in realtà il suo acume imprenditoriale continua a essere forte: la tenuta diviene un’azienda agrituristica rinomata, con campi da tennis, piscine e un campo da golf.
Qui Ferruccio vive gli ultimi anni della sua vita. Muore nel 1993, circondato da amici e conoscenti che quotidianamente lo vanno a trovare e che con lui ripercorrono il passato e progettano il futuro.